L’International Yoga Day è una bellissima occasione per celebrare il nostro amore per lo yoga, ma è anche una preziosa occasione per riflettere, dal momento che quando si istituisce una Giornata Mondiale, questa ovviamente si carica di significato simbolico e politico.
Come ogni fenomeno di portata mondiale anche lo yoga si ritrova immischiato in questioni delicate, una tra queste ahimè l’International Yoga Day, che purtroppo non resta immune a strumentalizzazioni e implicazioni politiche.
In questo articolo, cerchiamo di approfondire la nostra consapevolezza del contesto politico e culturale attorno alla Giornata Mondiale dello Yoga, d’altra parte celebrare l’amore per la nostra pratica significa anche prenderci un momento per dedicarci alla sua storia e alle questioni che lo riguardano.
Lo yoga oltre i confini: una pratica globale
Chiunque di noi pratichi yoga sa che ci sono poche cose belle e nutrienti come il condividere l’amore per la pratica con i propri compagni e amici. In un tempo in cui le occasioni di aggregazione sociali sono diventate un po’ più rare e difficili, lo yoga rappresenta una bellissima opportunità per condividere del tempo di qualità con persone che, al di là di tutte quelle che possono essere le differenze e le diversità individuali, in qualche modo camminano sulla nostra stessa Via.
Lo yoga, infatti, ha avuto il potere di valicare i confini geografici, religiosi e di etnia e arrivare a coinvolgere tantissime persone nel mondo. Questo potere deriva certamente anche dal fatto che lo yoga non può essere considerato una religione, quanto piuttosto un sistema di tecniche e pensieri che ben si adegua e ben si inscrive nello specifico contesto che poi incontra.
Lo yoga è per sua natura un fenomeno trasversale, che oggi coinvolge praticanti di ogni nazione, cultura, genere, etnia, estrazione sociale o religiosa, mostrandoci come l’essere umano, al di là del dove, del come e del quando, condivide nel profondo qualcosa di molto basilare: ovvero il desiderio di vivere bene e di trovare un modo per governare sé stesso, il proprio corpo e mente di fronte alla complessità della vita.
Ma nonostante questo, oggi in India, lo yoga rischia di diventare causa di tensioni e occasione di divisione, vediamo perché.
Implicazioni politiche della Giornata Mondiale dello Yoga in India
La celebrazione della Giornata Mondiale dello Yoga è un’iniziativa del primo ministro indiano Narendra Modi (che si è da poco riconfermato per il suo terzo mandato consecutivo), è stato per suo volere che le Nazioni Unite nel 2014 hanno proclamato il 21 giugno l’International Yoga Day.
Ma se lo yoga è una pratica che già gode di un’enorme popolarità in tutta l’India e in tutto il mondo, qual è la necessità del governo indiano di investire migliaia di dollari per renderlo ancora più popolare?
I critici affermano che lo Yoga Day di Narendra Modi fa parte del più ampio progetto del suo governo di destra che punta a rendere hindu la diversità culturale dell’India e vuole raggiungere un’uniformità centralizzata di credenze e pratiche. Con l’istituzione dell’International Yoga Day, Narendra Modi sta tentando di collegare lo yoga con l’orgoglio nazionale e, soprattutto, con l’induismo.
Lo yoga è hindu?
Lo yoga è un fenomeno enorme, che investe più di 2000 anni di storia, e non possiamo in questa sede addentrarci nelle sue origine storiche e nei significati che nel tempo ha acquisito o perso per strada.
Tuttavia possiamo sfatare un mito: quello che vede lo yoga delle origini strettamente legato all’induismo. Dobbiamo sempre fare molta attenzione quando un fenomeno attraversa i secoli e i millenni, perché il passaggio dall’antichità a oggi, spesso finisce per trasformare una x in una y.
Così, per quanto riguarda le origini dello yoga, il buddismo antico, per esempio, ha molta rilevanza, perché è qui che vengono coniate molte parole chiave e molti concetti importanti per lo sviluppo dello yoga.
Tuttavia, i discorsi e le ricerche sullo yoga sono e sono sempre stati caratterizzati da un’enorme molteplicità di prospettive interne, che ci invitano a pensare allo yoga delle origini, come un prodotto certamente indiano, ma non necessariamente hindu.
Ma allora, perché questa esigenza del ministro Narendra Modi di legare lo yoga all’induismo?
Evoluzione politica dell'India
L’India post-coloniale si è a lungo distinta con orgoglio in Asia per il suo successo nel costruire una democrazia a partire da una straordinaria diversità di religioni ed etnie, chiunque di noi abbia viaggiato in india l’ha vissuto sulla propria pelle.
Tuttavia, la democrazia indiana di oggi è sempre più criticata, poiché la convivenza di etnie, religioni e caste sfocia sempre più spesso in conflitti e violenze, tanto che si fatica oggigiorno a definire democrazia quella dell’India, molti esperti tendono a considerarla un’autocrazia elettorale, tra le peggiori esistenti oggi al mondo.
La responsabilità di ciò è certamente del governo del Bharatiya Janata Party, il BJP, il partito di cui il leader indiscusso degli ultimi 10 anni è appunto Narendra Modi. Ad oggi il BJP è esplicitamente un partito ultranazionalista estremista hindu e Modi, considerato dal Forbes il leader politico più influente al mondo, mandato dopo mandato sta radicalmente cambiando il volto dell’India e sta fortemente muovendo verso una nuova India: l’India laica e multiculturale che ricordiamo noi sta morendo, per aprire lentamente la strada al sogno di Modi: fare dell’India, non solo una potenza protagonista del mercato globale, ma un hindu shastra, ovvero una nazione induista.
Come tutte le religioni, anche l’induismo può diventare violento se il contesto storico, sociale, politico e culturale lo permette. Pochi leader politici dell’India indipendente avevano dimostrato pubblicamente la propria confessione, per Narendra Modi, invece, la fede è diventata il principale strumento politico, costruendo e alimentando una narrazione forte dell’ “induità”, per la quale gli hindu ricoprono un ruolo primario e privilegiato in questa nuova grande India, a discapito, chiaramente, di tutte le minoranze (che in India rappresentano oggi ben il 20% della popolazione) e soprattutto di quella musulmana (circa il 15% della popolazione).
Per Modi essere indiani significa essere hindu, e in questo modo sta distruggendo le basi democratiche dell’India indipendente, che si rappresentava come la casa di tutti, casta, genere, etnia, religione, verso una sacra terra dell’induismo, dove tutti coloro che non sono hindu possono rimanere con uno status di cittadinanza di serie b oppure possono andarsene.
Importante precisare che i seguaci del suprematismo hindu hanno un loro modo di essere induisti, ben diverso da tanti altri modi di essere induisti che esistono in India, pensiamo per esempio all’induismo di Gandhi, tra l’altro ucciso da un membro del suprematismo hindu.
Tuttavia, il messaggio forte e identitario di Modi, come abbiamo visto alle ultime elezioni, funziona molto bene, riesce a compensare le forti disuguaglianze e forte disoccupazione e si propone come grande rifugio per tutti coloro che sono in cerca di un’identità.
Così, nel tempo, l’ostilità contro le minoranze in India è passata da sentimento, a movimento, fino a diventare istituzione: enti governativi hanno modificato i testi scolastici, escludendo per esempio la sezione dedicata alla dinastia Mughal, che ha regnato in India per tre secoli. Sono sempre più osteggiate e criminalizzate conversioni all’islam e i comportamenti culturali musulmani, si riscontra una crescente violenza collettiva contro i non hindu.
Le armi culturali di Narendra Modi
Per esercitare il potere, oltre alla forza e all’autorità, la religione e la cultura sono strumenti estremamente efficaci, perché sono come delle armi un po’ più soft, che in modo silenzioso possono veicolare una rappresentazione costruita a tavolino di come vuole essere percepito il soggetto del potere.
Così, l’indottrinamento ultranazionalista hindu passa attraverso la costruzione di templi:
Basti pensare al caso del tempio dedicato al dio Ram, consacrato all’inizio di quest’anno dal ministro Modi in persona, tempio costruito in Utthar Pradesh proprio sulle macerie di una moschea letteralmente distrutta da una folla di manifestanti ultrainduisti.
Passa attraverso la propaganda musicale:
Non di rado nei sound system dei festival indiani passano delle hit che contengono versi parecchio spinti e minacciosi contro gli ‘infedeli’, indottrinando silenziosamente le giovani leve mentre ballano e cantano sotto cassa.
Il ruolo dello yoga
Per quanto riguarda lo yoga, ogni opposizione alla pratica viene bollata come antinazionale, qualche anno fa un membro del partito del BJP ha affermato che “quelli che si oppongono allo yoga, dovrebbero lasciare il Paese o annegare nell’oceano”.
Le diverse confessioni e minoranza religiose in India e nel mondo, non hanno alcuna opposizione allo yoga, il problema si crea portandoci dentro le questioni di religione.
Con lo yoga hindu, il BJP e Narendra Modi stanno innanzitutto costringendo i musulmani a reagire e stanno via via facendo dello yoga il distintivo del loro progetto politico ultranazionalista hindu.
Conclusione: Celebriamo uno yoga inclusivo
Godiamoci la Giornata Mondiale dello Yoga celebrando il nostro amore per lo yoga al di là delle differenze, delle divisioni, delle distanze. Celebriamo il nostro amore per lo yoga senza sentirci in dovere di essere hindu. Celebriamo il nostro amore per uno yoga che valica le differenze di etnia, di religione e di nazionalità.
In tempi come questi, abbiamo bisogno più che mai di celebrare questo yoga.