Gi Yoga sūtra rappresentano un caposaldo per lo yoga, un testo infinitamente consultato e un continuo punto di riferimento per gli yogi di tutti i tempi. Veicola un sapere che già da molto tempo circolava in India, ma che, per la prima volta intorno al II sec. a.C., viene sistematizzato in modo compiuto e completo, per mano di Patañjali, al fine di organizzare la visione del mondo (darśana) propria dello yoga. Questa, non corrisponde a un sistema filosofico come lo intendiamo noi pensatori moderni, ma, poggiando sulle basi filosofiche del Sāṃkhya (una darśana coeva a quella dello Yogadarśana) fornisce una serie di indicazioni, descrizioni e prescrizioni, che mirano ad accompagnare lo yogin in una trasformazione di coscienza per raggiungere la liberazione, il sommo bene.
Il cammino dello yoga viene qui descritto come una ricerca che solo una mente aperta ed espansa può compiere, indirizzandosi verso la conoscenza del purusa, il puro spirito, la nostra più autentica natura.
Oggi prendiamo in esame il secondo sutra, quello in cui Patañjali ci porta una definizione dello stato dello yoga, a cui ogni praticante aspira.
«yogaś citta vṛtti nirodhaḥ»
Possiamo tradurre questo aforisma, questo iper concentrato di verità, (vedi la definizione di “sutra” nella rubrica “glossario”), in questo modo: (rimanendo consapevoli che il significato che si cela dietro a queste parole, è immensamente vasto).
«Lo YOGA è lo stato in cui le fluttuazioni mentali ed emotive della coscienza individuale, sono divenute calme»